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Misteriosi e solitari Nemadi

AFRICA – Nr 6/2020

Un piccolo popolo della Mauritania costretto a cambiare stile di vita per sopravvivere.

testo di Elena Dak – foto di John Wessels / Afp

Un tempo vivevano nel deserto cacciando selvaggina e raccogliendo erbe e frutti selvatici. Oggi allevano dromedari. Disprezzati da arabi e berberi, che li considerano selvaggi e inferiori, i Nemadi sono relegati ai margini della società. Ma non hanno smarrito la loro libertà.

A sud di Oualata può capitare di incontrarli a un pozzo mentre abbeverano i dromedari. Se a prima vista pare di aver visto la stessa scena tante volte, a uno sguardo più attento ci si accorge che quelle genti sono diverse: magri, sì, come tutti, le vesti non sempre blu, a differenza di tutti gli altri, gli occhi talvolta chiari, come quasi nessuno. Sono i pochi segni di distinzione rimasti dei Nemadi. La loro storia è molto difficile da rintracciare perché quasi nessuno la ricorda. E i libri di antropologia non chiariscono le origini di questo popolo chiaramente distinto dai principali gruppi che costituiscono la società maura. In Mauritania, berberi e arabi sono considerati come costituenti un’unica comunità, quella dei bidan (“dei bianchi”). L’assimilazione è cominciata a partire dal XVI secolo, quando arrivarono in Mauritania le tribù arabe degli Hassan, che vinsero e assorbirono le popolazioni berbere locali. Molte fasce della popolazione da quell’epoca in avanti divennero tributarie degli arabi e la piaga del lavoro servile, termine sfumato per parlare di schiavitù, si radicò nella società.

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